Un’aula ideale:
ma era bella, bella davvero …

Non è proprio un classico spazio; non ha una forma definita, non ha neppure una forma statica! Non è esattamente uno spazio chiuso, ma non è sicuramente uno spazio aperto; è nella scuola, ma è anche fuori …

EDIZIONE
2019/20
LEGGERE LO SPAZIO
Architetti/e nelle classi


ARCHITETTI/E

Elisanbetta Salvadori e Alberto Terzi

QUARTIERE/PAESE
Longuelo

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA
Comune di Bergamo

SCUOLA

Istituto comprensivo I Mille
Scuola Primaria Cavezzali

CLASSI

n. 2 classi V
n. 38 bambini/e

INSEGNANTI

Paola Calegari

TEMI E PAROLE CHIAVE

Verde
5 sensi
Sperimentazione
Bambù
Aula all’aperto
città inclusiva
alberto cavezzali
rilievo
giardino in movimento

OBIETTIVI

Il titolo stesso di questa edizione ci indica il presupposto fondamentale di quanto è necessario per sviluppare idee o progetti nell’ambito architettonico e urbano: saper leggere lo spazio.

Ci esercitiamo quindi a misurarlo con metri e strumenti laser, lo analizziamo su mappe e planimetrie, lo confrontiamo alle diverse scale e acquisiamo così una certa dimestichezza nel distinguere gli spazi pubblici da quelli privati o semiprivati, gli spazi costruiti da quelli verdi; impariamo e condividiamo inoltre vari modi di utilizzare gli spazi della scuola e proviamo addirittura a leggere lo spazio attraverso tutti i 5 sensi.  Ci accorgiamo quindi che esistono strumenti convenzionali per intraprendere questa affascinante lettura, ma la sperimentazione e la fantasia sono sempre alleate formidabili ed è proprio con questo spirito che analizziamo attentamente lo spazio intorno a noi, dentro e fuori la scuola, finché il nostro interesse si focalizza sempre più su uno spazio che ancora non è un vero spazio; non ha una forma ben definita, non ha neppure una forma statica! Non è esattamente uno spazio chiuso, ma non è sicuramente uno spazio aperto; è dentro la scuola, ma è anche fuori. Uno spazio che potenzialmente, grazie all’immaginazione, può trasformarsi in un luogo molto utile.

FASI

Primo incontro: in aula

Breve presentazione con un primo approccio alle mappe e ai concetti chiave di spazio, scala, partecipazione, città inclusiva e molto altro. Vengono consegnate ai ragazzə le planimetrie della scuola e la mappa del quartiere. Su quest’ultima si richiede di distinguere spazi pubblici e spazi privati con specifico riferimento a parchi e giardini. Una particolare riflessione viene condotta in relazione al parco pubblico di recente realizzazione adiacente alla scuola, che grazie al cancello esistente potrebbe essere direttamente utilizzato in via esclusiva dagli studenti in determinati orari, affrontando il concetto di gestione oraria e flessibilità degli spazi che possono essere al contempo pubblici e semipubblici.

Visitiamo gli spazi interni della scuola e appaiono decisamente sovradimensionati rispetto al numero di alunni; scopriamo così che una scuola molto bella si sta inspiegabilmente spopolando.

Secondo incontro: fuori

In una giornata nella quale il vento sferza le fronde, i capelli e gli animi, noi siamo pronti a comprendere lo spazio che ci circonda e a raccogliere informazioni su come si è soliti usare gli spazi della scuola.

Ci accorgiamo che il giardino è uno spazio che viviamo e percepiamo con tutti, ma proprio tutti i sensi. Pensate che qualcuno di noi ha il coraggio di rompere il guscio e mangiarsi le poche ghiande che si trovano sul terreno.

Li, sul retro della scuola, in prossimità di un cancello secondario appare uno slanciato cespuglio di bambù che difficilmente, ma per forza di cose, deve rimanere contenuto grazie all’azione saltuaria dei giardinieri che intervengono per la manutenzione ordinaria del verde.

Stranamente questo alto cespuglio tende a svilupparsi verso l’esterno e a creare un’intima cella interna. Proprio questo spazio attrae gli sguardi ed i pensieri di noi ragazze e ragazzi della scuola Cavezzali.

I nostri bisbigli confermano quello che già sappiamo, quell’ambiente è off limits perché ricco di trabocchetti e lontano dagli occhi degli insegnanti che durante la ricreazione ci controllano, ma appare evidente che la nostra curiosità verso quel luogo attrae la nostra fantasia; quante storie si potrebbero contenere in quel riparo e quanti segreti le fronde del bambù potrebbero ascoltare!

Qualcuno l’ha detto o l’abbiamo pensato insieme: quel luogo è un’aula ideale!

La maestra spalanca gli occhi, impotente nei confronti della scelta che per noi è già stata presa.

Il passo successivo sarà quello di ripensare lo spazio e le domande a cui rispondere si fanno molteplici:

  • Come contenere le radici? Attraverso palizzate conficcate nel terreno dai giardinieri?
  • Come predisponiamo il Pavimento dell’aula? Stendiamo delle stuoie?
  • Servono delle seggiole e forse un banco o ci sediamo per terra?

Non riusciremo a concretizzare le risposte a queste domande perché da lì a poco il nostro rapporto con lo spazio, che stavamo iniziando ad esplorare, muterà all’improvviso.

BIBLIO-SITOGRAFIA

Gilles Clément, Il giardino in movimento, Quodlibet, 2011

Gilles Clément, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, 2005

Elio Scialla, Il bosco del mulino abbandonato, 1987

FOTO

Altre foto dal progetto

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